Nel dibattito politico ognuno ha il diritto ad avere un’opinione e a poterla manifestare. Purtroppo, questo significa che la politica diventa, ormai sempre di più, una specie di regno dell’opinabile, dove tutto e il suo contrario trovano piena ospitalità.
A salvarci da questo infernale meccanismo è la realtà, la quale, con la forza dei fatti, si impone di frequente sulle opinioni, travolgendole.
In queste ultime settimane, per diverse ragioni, la questione dello stato in cui versa la città di Acerra è diventata un’occasione interessante di confronto tra posizioni diverse e contrapposte. Il bisogno di comprendere e misurare la situazione dovrebbe prevalere sulle esigenze di narrazione politica, che risulta sempre frutto di distorsioni o forzature di parte, soprattutto in una fase che porta alle elezioni amministrative. Provocatoriamente è stato richiamato il senso della misura, ma il punto è proprio la necessità di misurare, ricorrendo a dei criteri oggettivi, lo stato economico e sociale, perché non ha alcun senso oscillare tra giudizi tragici, che vedono la città “morta” e giudizi esaltanti sulla sua “indomabile” crescita.
Da tempo, sono stati enucleati i segnali che indicavano una regressione delle condizioni di vita, materiali e sociali, di Acerra. In primo luogo, la progressiva e inarrestabile crisi del commercio lungo le strade principali della città, che tradizionalmente hanno rappresentato il centro commerciale “naturale” degli acerrani. Le serrande, anche a prescindere dall’emergenza sanitaria, si abbassano da tempo senza trovare alcun ricambio. Un altro segnale è stato individuato nella chiusura degli sportelli bancari, in un contesto nel quale, nonostante il livello considerevole di abitanti, gli sportelli erano già contenuti in un numero esiguo. Infine, la chiusura di uno degli stabilimenti industriali più rilevanti del territorio, nel settore strategico dell’agroalimentare e comunque il mancato decollo dell’area di sviluppo industriale e del Piano degli insediamenti produttivi, per il quale due avvisi pubblici del comune hanno registrato l’assenza di manifestazioni di interesse.
Dobbiamo provare a calarci nella nostra realtà con la freddezza dei numeri.
Acerra, nel corso degli ultimi venti anni, ha conosciuto una crescita demografica senza precedenti nella storia. Dal 2001 al 2017, la popolazione residente passa da 45.875 abitanti a 59.910. Questo incremento imponente è direttamente collegato ad una forte crescita dell’edilizia residenziale, determinata da un mercato immobiliare molto conveniente ad Acerra e diventato insostenibile nella città di Napoli. I dati dimostrano che questa crescita si interrompe negli ultimi anni. Tra il 2018 e il 2019, infatti, nonostante un saldo naturale positivo, la città perde mille residenti; nel 2019 Acerra passa in pochissimo tempo da 60.000 a 59.004 abitanti.
Di grande interesse e significato sono poi i dati relativi all’andamento del reddito pro capite. Nel 2006, il reddito ad Acerra si assestava già su una cifra bassa: 7.006 euro. Dopo dieci anni, nel 2016, il reddito pro capite degli acerrani passa a 7.522 euro, con un limitato incremento di appena 516 euro. Nello stesso periodo, portando lo sguardo allo stesso contesto territoriale, si può osservare che a Pomigliano d’Arco il reddito raggiunge i 9.953 euro con un incremento di 985 euro, mentre cittadine assimilabili ad Acerra conoscono, nello stesso periodo, incrementi sensibili del reddito: Casalnuovo in dieci anni lo accresce di 1.106 euro, Marigliano di 1.151 euro, Brusciano di 945 euro.
Ad oggi, gli ultimi dati sull’andamento del mercato immobiliare confermano la convenienza a comprare ad Acerra, nella quale il prezzo a metro quadrato degli immobili è di 1.250 euro, mentre a Pomigliano è tra i 1.750 e i 1.800 euro. I prezzi, quindi, pur continuando a rimanere accessibili, non sbloccano il mercato immobiliare ad Acerra che stenta a riprendersi, a differenza dei timidi segnali di ripresa registrabili altrove, nonostante la crisi economica collegata alla pandemia abbia colpito tutti.
Bisogna soffermarsi sul calo demografico che si è registrato negli ultimi tempi. Esso sta a indicare l’incidenza di processi problematici di ordine economico e sociale. Per un verso, abbiamo un fenomeno conclamato di emigrazione per ragioni economiche e di lavoro di tanti giovani, spesso anche di elevate competenze e scolarità. Dall’altro, è sempre più percepibile l’abbandono della città da parte di famiglie che, per molteplici ragioni, ritengono insoddisfacente o poco rassicurante la vita ad Acerra, decidendo di trasferirsi in altre cittadine della provincia.
Non è il contesto per sviluppare uno studio o un’analisi esauriente, ma questi dati costituiscono un riferimento certo e misurabile per avere una rappresentazione fedele e attendibile della città. In questi anni, è vero che sono stati realizzati molti interventi, grazie agli enormi finanziamenti precipitati sulla città per effetto diretto o indiretto dell’insediamento del termovalorizzatore ad Acerra. Bisogna chiedersi le ragioni per le quali questi investimenti non hanno prodotto i risultati sperati, soprattutto sul piano economico e sociale.
Le elezioni verranno e passeranno e, con ogni probabilità, date tutte le premesse del caso, non potranno colmare il gigantesco vuoto di classe dirigente.
Partiamo dalla cruda realtà, se vogliamo provare a cambiare.
Pasquale Marangio