Lettera aperta alla città
Cinque anni sono un’eternità.
Gli ultimi cinque anni, per me, sono stati un lungo calvario, carichi di una profonda e lacerante sofferenza quotidiana. La conclusione del procedimento penale con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste” e soprattutto la puntuale ricostruzione articolata dal Tribunale di Nola nella motivazione della sentenza, fanno piena e definitiva luce sulla vicenda del “muro”. La giustizia ha compiuto il suo corso, facendo emergere tutti i problemi, le inadeguatezze e le contraddizioni di un modo di amministrare che – in vario modo – sono costretti a pagare i cittadini, anche quando si trovano a rivendicare semplicemente un diritto verso la pubblica amministrazione.
Dopo una vicenda del genere, nella quale – non si deve dimenticare – dei cittadini avevano subito un danno ingiusto, si dovrebbe seriamente riflettere su questi problemi, cercando, nell’interesse della città, di modificare radicalmente le logiche amministrative e i meccanismi dell’esercizio del potere pubblico, in una ferma e rigorosa distinzione, peraltro stabilita dalla legge, tra politica e dirigenti. Di fronte a una vicenda del genere, si dovrebbe con senso di responsabilità ragionare sui singolari modi con cui un’indagine di polizia giudiziaria prende avvio al Comune di Acerra e si indirizza, per caso, per interlocuzioni privilegiate o per rapporti personali, in un modo piuttosto che in un altro, in una direzione piuttosto che in un’altra.
In ogni caso, per un’idea alta e nobile della politica e per un personale rigore morale, in questi ultimi cinque anni, ho deciso di rinunciare a qualunque impegno politico e istituzionale, sebbene per decenni fossi stato chiamato dai cittadini a ricoprire il ruolo di consigliere comunale. Accanto a queste profonde convinzioni, me lo consigliava un rivoltante senso di ripulsa verso una classe politica cinica, spregiudicata e senza valori che aveva innescato questa vicenda del “muro”, per una chiara operazione politica, per l’appunto cinica, spregiudicata e senza valori.
Si trattava di compiere – attraverso accuse infamanti – un lucido disegno di potere, coltivato da tempo da due persone, con l’apporto indispensabile di ciabattini e servi sciocchi, pronti a chinarsi per elemosinare la propria, piccola parte.
Su questo è giusto ritornare.
Come è noto, questa ingiusta e penosa vicenda nasce dall’approvazione, peraltro all’unanimità, da parte della Giunta comunale di una delibera con la quale prendeva avvio – dopo anni di inerzia e vessazioni – il procedimento di risarcimento del danno subito da una proprietà familiare, ad opera del servizio comunale di raccolta dei rifiuti. Alla fine, a rispondere definitivamente del danno procurato sarebbe stata la società affidataria del servizio.
Nella normale logica e dialettica istituzionale, se quella delibera fosse stata sbagliata, inadeguata o comunque inopportuna, un consigliere comunale di maggioranza avrebbe avuto tutto il diritto e il dovere di sollevare la questione nella sede propria, al fine di consentire una rivalutazione del caso o un utile approfondimento. Se fosse stato, poi, così convinto della gravità dell’atto avrebbe dovuto, su un terreno politico, innanzitutto chiedere le dimissioni dei componenti dell’esecutivo e del sindaco, partendo dal proprio assessore di riferimento e, sul piano amministrativo, chiedere conto al dirigente e al segretario generale dei pareri di regolarità tecnica e legale espressi nel provvedimento.
Se questo non è avvenuto, si potrebbe pensare per esempio, a qualche ragione di rivalsa per qualche aspirazione personale o familiare insoddisfatta o frustrata, confondendo perversamente legittime aspettative per un diritto o peggio per una prerogativa. Se questo, tuttavia, non è stato impedito e non è stato ricondotto alle fisiologiche dinamiche, da chi aveva il peso e la responsabilità politica, è perché è stato valutato e calcolato un possibile vantaggio.
La realtà è molto semplice: erano maturi altri tempi.
Adesso, credo, per Acerra sia tutto più chiaro!
Acerra, 9 aprile 2016
Antonio Bicucci