E’ lutto cittadino ad Acerra è tornato alla Casa del Padre Mons. Antonio Riboldi!
In una intervista di un decennio e più, Mons. Antonio Riboldi, lasciava intendere di non voler abbandonare la nostra città nemmeno dopo la morte e di essere seppellito nel Duomo di Acerra.
A S. Ninfa, in Belice, l’11 marzo del 1978 mons. Antonio Riboldi riceve la consacrazione Episcopale. Sua santità Paolo VI designò il Vescovo Riboldi alla Chiesa Cattedrale di Acerra. Nel pomeriggio del 9 aprile del 1978 Mons. Antonio Riboldi fa il suo ingresso ad Acerra.
IL SUO PRIMO MESSAGGIO AGLI ACERRANI
Il primo messaggio alla Diocesi di Acerra di mons. Antonio Riboldi fu una lettera pubblicata su il Quartiere periodico mensile locale dell’epoca:«E’ difficile in queste circostanze trovare parole adatte che comunichino tutti i sentimenti che si vorrebbero esprimere. Per me Acerra, ve lo confesso era un nome sconosciuto, come sempre sono stati sconosciuti i luoghi dove la Provvidenza mi ha mandato. Ho accettato l’invito della Chiesa, e quindi di Dio, per essere vostro pastore, non perché mi sentissi degno di tale missione onoratissima, ma perché il prossimo, da amare e servire, non è quello che uno sceglie, privilegiando così alcuni ed emarginando altri, ma quello che Dio stesso indica. Lì, in questa indicazione divina, vi è il luogo privilegiato ove la Carità di Dio e del prossimo diventano vera Chiesa. Non conosco Acerra, eppure dal momento che mi fu comunicata la nomina a vostro Vescovo, è come vi avessi sempre conosciuto. Percorro le vie della mia Diocesi con la fantasia e mi pare che volti, gioie, sofferenze, conflitti, speranze, mi siano sempre appartenute. Mi accorgo di volervi già tanto bene da essere pronto a stare con voi con gioia. So che tra voi ci sono enormi problemi umani che attendono una giusta soluzione perché possa regnare un minimo di pace, so che non è facile il mio compito. Tutto questo non fa paura, anzi stimola a cercare nella Parola di Dio, nell’amore di Cristo tutta la forza della “buona novella del Regno di Dio”. Vengo a voi con una grande fede in Dio che accompagna sempre chi manda, lo ispira e lo sostiene, ed una grande fiducia in voi tutti, Clero, autorità,famiglie, poveri, operai, emarginati. Vengo con una grande speranza che mi viene dall’ottimismo proprio di chi ha fede, ossia dalla certezza che Dio opera sempre per il bene ovunque, vengo anche con una grande speranza in voi, sicuro che il povero ha tanta di quella generosità e forza nel ricercare la propria dignità, che forse è l’unica forza autentica della nostra società, oggi….»
IL SUO CAMMINO PASTORALE
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche, è entrato a far parte dell’Istituto della carità (meglio conosciuti come Rosminiani), divenendone sacerdote il 29 giugno 1951. Inviato nel 1958 in una parrocchiadella Valle del Belice, si trovò nel 1968 a fronteggiare lo stato d’emergenza causato dal famoso terremoto che sconvolse la terra trapanese, fronteggiando assieme ai suoi parrocchiani le prepotenze della mafia, organizzando la loro lotta per ottenere una casa e abitando per anni, come loro, in una baracca di legno.
In quegli anni partecipò a cortei e manifestazioni davanti al Parlamento in difesa delle richieste dei suoi concittadini e collaborò con diverse persone legate alla vita politica e istituzionale del paese, fra questi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e l’onorevole Piersanti Mattarella.
L’11 marzo 1978 ricevette l’ordine sacro episcopale, consacrante il cardinale Salvatore Pappalardo, coconsacranti il vescovo Costantino Trapani, O.F.M., e il vescovo Clemente Riva, I.C.
Il 25 gennaio 1978 il papa Paolo VI lo aveva nominato vescovo della diocesi di Acerra, anch’essa terra di complicazioni sociali. Qui concentrò il suo impegno contro la camorra: attraverso dure prediche ed esortazioni fatte in chiesa e con la sua azione di persuasione tra i suoi parrocchiani, contribuì a rompere il muro di omertà, suscitando pentimenti e collaborazioni con la giustizia. Lo stesso boss Raffaele Cutolo volle incontrarlo durante la sua detenzione per potersi confessare.
Negli anni ottanta ha svolto il suo apostolato anche in diverse carceri italiane, dove ha incontrato numerosi “pentiti” della lotta armata.
Il 7 dicembre 1999 vengono accettate le sue dimissioni secondo quanto stabilito dal codice di diritto canonico.
IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ACERRANA
Infine ad Acerra dopo 37 anni Monsignor Antonio Riboldi riceve le chiavi della città di Acerra
Sabato 30 maggio 2015 , presso il Consiglio comunale di Acerra, Mons. Riboldi gli viene conferita la cittadinanza onoraria. A questo “buon pastore” – cosi definito da Mons. Antonio Di Donna- va il merito di essersi profondamente impegnato nel perseguire i valori intramontabili dell’uomo, diffondendo nella sua opera quotidiana la cultura della pace, della giustizia e dell’equità sociale come virtù che devono guidare ogni uomo, per il bene di tutti. La sua opera per la città è stata di grande utilità, per continuare sempre di più sulla strada della legalità già intrapresa, lasciando un buon segno in tutta la Diocesi.
Mons Antonio Riboldi, nato a Triuggio il 16 gennaio 1923, consacrato sacerdote il 29 giugno 1951 a Novara.
Mons. Antonio Riboldi è stato eletto Vescovo di Acerra da Paolo VI, il 25 gennaio 1978, l’11 marzo dello stesso anno ha ricevuto l’ordinazione episcopale dal cardinale Salvatore Pappalardo. La sua azione pastorale si è indirizzata a contrastare il dilagare del malaffare e della criminalità organizzata, contribuendo a rompere il muro di omertà, suscitando pentimenti e collaborazioni con la giustizia.
Postulatore è stato il professore Aniello Montano, che nel suo discorso ha ricordato: «Nelle motivazioni della concessione della Cittadinanza onoraria c’è tutto. Don Antonio Riboldi non è un teologo astratto, ma è portatore di sentimenti amicali, è un compagno di viaggio che cerca di rassicurarti nel cammino della vita con la sua dolcezza, si pone egli stesso in cammino con te. Ci ha dato immagini di una religione salvifica, ha dato maggiore attenzione all’uomo per affrancarlo da tutti i mali socialmente pericolosi. Egli, soffrendo con noi, ci ha indicato la via per essere più forti, è stato testimone di un impegno di giustizia sociale. Ha indirizzato il suo sguardo ai grandi e ai piccoli. Gli uomini hanno bisogno di un modello e Don Riboldi è stato un modello».
Monsignor Di Donna: « La Chiesa di Acerra gioisce per questo riconoscimento»
«Grazie per essere stato un buon pastore per questo difficile gregge»
Il discorso di Monsignor Antonio Di Donna, nel giorno del conferimento della cittadinanza onoraria a Mons. Antonio Riboldi: “Monsignor Riboldi venne come vescovo di questa diocesi nel lontano 1978 e si assunse l’onere di guidarla dopo anni di “vacanza diocesana”. Conosciamo tutti la fatica che dovette affrontare per ricostruire la diocesi. Con il suo impegno ecclesiale e civile, egli ha legato il suo nome alla città; è stato realmente pastore che con la sua testimonianza e con la sua predicazione ha dato un contributo notevole al progresso civile della città di Acerra. Noto per il suo impegno contro la camorra, universalmente riconosciutogli, ha esercitato il suo ministero pastorale con spirito di abnegazione, diffondendo l’idea dell’equità sociale, della giustizia. Battendosi per la lotta contro la criminalità organizzata attraverso dure prediche ed esortazioni fatte in Chiesa, ha contribuito a rompere il muro di omertà, suscitando pentimenti e collaborazioni con la giustizia. Come riconoscimento del suo contributo da protagonista assoluto alla diffusione della cultura della legalità e allo scuotere le coscienze della gente, contro la camorra, che impediva al territorio ogni possibilità di progresso, si conferisce a Monsignor Riboldi la cittadinanza onoraria, ringraziandolo infinitamente per la sua preziosa attività pastorale svolta nella diocesi di Acerra, per l’impegno e la passione profusi, per la battaglia contro la camorra, un alto impegno nel perseguire valori intramontabili dell’uomo, diffondendo nella sua opera quotidiana la cultura della pace.” Di Donna ha poi aggiunto: “Grazie a tutti per questo momento di festa. La Chiesa di Acerra gioisce per questo riconoscimento richiesto sia dai cittadini che dall’intera comunità ecclesiale. Io stesso ho paragonato Don Riboldi ad un antico vescovo che svolgeva il ruolo di defensor civitatis (difensore della città). Lo ringrazio perché è stato il buon pastore, che, anche dopo aver lasciato la responsabilità diretta del governo della diocesi, ha espressamente scelto di rimanere ad Acerra. In questo giorno, che non a caso, segue quello in cui si è celebrata la festa dei santi patroni di Acerra, viene conferita la cittadinanza onoraria a Don Riboldi con esplicito riferimento all’importanza del patrono per una città e quella di un pastore per il suo gregge, con la speranza che la maturità di questo gregge possa non strumentalizzare anche questo evento, facendo riferimento alle prossime elezioni.”
«All’epoca Acerra era un posto pericoloso! Dissi al Santo Padre: “io vado in pace e… NON HO MAI TACIUTO LA VERITA’!»
Al termine della celebrazione, Monsignor Antonio Riboldi nel suo intervento ringraziò la città, il Consiglio comunale e l’Amministrazione: «La giornata di oggi mi confonde – ha detto – io ho dato solo l’esempio di come è un prete, oggi voi avete dimostrato di stimare un prete. Avete avuto fiducia ancora una volta in me. Sono 37 anni che sono ad Acerra. Io non ho fatto chissà cosa, non mi pento di essere stato tra di voi, ed ho semplicemente fatto quello che Dio mi suggeriva di fare. Grazie di cuore».
Monsignor Riboldi, intervistato successivamente dal Direttore del Tablò, Pasquale Sansone, amico da sempre di Mons. Antonio Riboldi, aggiunse: «A dire la verità, non ci tenevo a questo riconoscimento poiché sono ben trent’ anni che amo Acerra e non mi sono mai pentito di stare qua. Quando il Santo Padre, un trentennio fa, mi pregò di venire qua, io non ci pensai due volte! All’epoca ad Acerra c’era la criminalità organizzata ed era un posto molto pericoloso. Io risposi a questa chiamata dicendogli :<Io ho detto io vado in pace>… E non ho mai taciuto la verità!
Venivo compatito perché pensavano che non capissi la loro lingua. Con questa scusa ho detto sempre quel che volevo, con carità. Ho 92 anni e tutto quello che potevo dare a questa città l’ho dato e continuo quotidianamente a darlo».
IL SUO GRANDE DESIDERIO
Inoltre, in una intervista di un decennio e più, Mons. Antonio Riboldi, lasciava intendere di non voler abbandonare la nostra città nemmeno dopo la morte e di essere seppellito nel Duomo di Acerra.