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Agire senza pensare! Di Anna Montano

Ciascuno di noi ha imparato, nel tempo, a rispondere ad alcuni stimoli con delle reazioni automatiche e solitamente si tratta di stimoli che attivano ansia, tristezza, rabbia. La reazione che ne consegue, è un tentativo di gestire le emozioni negative che proviamo in determinate circostanze e non siamo quasi mai consapevoli del perché reagiamo proprio con quella modalità, eppure tendiamo a riproporla in maniera automatica ogniqualvolta ci troviamo di fronte a uno stimolo scatenante. L’agire in automatico può essere definito come la tendenza a mettere in atto azioni che sono espressione di un impulso che non è mediato dai sistemi di controllo e inibizione del nostro funzionamento. In altre parole, un comportamento impulsivo è frutto di un’elaborazione cognitiva, ridotta tra il desiderio di fare qualcosa e l’agire. E’ diffusa l’idea secondo cui l’impulsività sia esclusivamente un aspetto negativo e disadattivo che deve essere corretto, ma in realtà questa visione è riduttiva. Infatti, se ad esempio ci accorgiamo che una pentola sta bruciando sui fornelli oppure che veniamo aggrediti per strada o che una macchina sta per investirci mentre attraversiamo la strada, in queste situazioni non abbiamo il tempo di riflettere su quale potrebbe essere l’azione più appropriata, e infatti spesso viene istintivo adottare automaticamente un comportamento, che sia di fuga o di risoluzione del problema. Quando invece siamo chiamati a risolvere un problema in situazioni più tranquille e senza la presenza di pericoli imminenti, abbiamo il tempo di riflettere, ragionare, confrontare più alternative di azione fino ad arrivare alla decisione consapevole di mettere in atto un comportamento. Questa modalità di pensiero, che porta il nome di problem-solving, ha il vantaggio di permettere di giungere a decisioni più elaborate e funzionali, se applicato nelle situazioni in cui la persona ha a disposizione il tempo e l’energia necessari per metterlo in atto. Per queste ragioni, non ha senso parlare di impulsività totalmente negativa o impulsività tutto o nulla, perciò un comportamento non mediato dai processi di pensiero diventa funzionale se messo in atto nelle situazioni in cui non si ha modo o tempo di riflettere, e diventa fondamentale fare qualcosa in tempi rapidi. Come spesso accade, sono la frequenza e l’intensità dei comportamenti impulsivi e l’effetto che questi hanno sulla vita della persona, che determinano quanto l’impulsività sia funzionale o sia un ostacolo nel mantenimento di un equilibrio e nel raggiungimento degli obiettivi. Infatti, se in maniera indiscriminata si agisce senza il filtro del pensiero, il rischio è quello di perdere la bussola che orienta la nostra azione, facendoci guidare esclusivamente dall’impulso del momento, che può essere di natura fisica, come fame, sonno, dolore, desiderio sessuale, o emotiva, cioè la possibile presenza di un’emozione, come la rabbia, troppo intensa per essere gestita. Lasciando le redini in mano all’impulso, si perde la possibilità di ragionare e prevedere le conseguenze di un comportamento piuttosto che un altro, anticipando quindi possibili esiti avversi. La difficoltà a regolare i propri impulsi e le proprie emozioni, rispondendo automaticamente con agiti impulsivi, possono contribuire ad aggravare diversi disturbi psicologici: l’impulsività e la disregolazione emotiva, sono aspetti centrali nel funzionamento del disturbo di personalità Borderline, mentre altri disturbi si fondano sulla grande difficoltà a regolare un impulso, come i disturbi da uso di sostanze, i disturbi del comportamento alimentare e alcuni disturbi dell’umore.
L’impulsività sembra essere quindi una caratteristica trasversale a diverse sofferenze di natura psicologica e rischia di impattare sulla vita in modo importante e significativo. In generale, gli obiettivi terapeutici con cui si interviene sull’impulsività possono essere:
 Individuare i propri comportamenti impulsivi, saperli riconoscere e individuare il loro impatto negativo sulla propria vita. Una domanda che in seduta può stimolare tali riflessioni, può essere: “Quali possibilità o opportunità ho perso a causa del mio comportamento impulsivo?”
 Riconoscere la mancanza del filtro del pensiero in determinate situazioni e identificare la causa di tale mancanza. Es: “Le mie amicizie finiscono presto perchè ho spesso reazioni rabbiose nei confronti dei miei amici”. In questo caso, la causa può essere una difficoltà di regolazione dell’emozione di rabbia.
 Intervenire sulla causa trovata nel punto precedente, e sul comportamento impulsivo, con il fine di ripristinare quello spazio tra impulso e azione, che può essere destinato al pensiero.
Tali obiettivi in terapia vengono perseguiti attraverso i colloqui terapeutici e l’utilizzo di diverse tecniche e strategie specifiche, che il paziente sperimenta in seduta e mette in pratica nella sua vita tra un incontro e l’altro. Tale modalità fornisce al paziente la possibilità di riconoscere il ruolo dell’impulsività nel proprio quadro e di essere il principale artefice del proprio cambiamento, sperimentando diversi strumenti che, una volta padroneggiati, gli permetteranno di riconoscere i benefici e di scegliere in modo consapevole e ragionato nelle situazioni che vive. Nel caso in cui l’intensità e la frequenza delle condotte impulsive siano molto alte e rappresentino un rischio per la salute del paziente, è possibile combinare il percorso psicoterapeutico con una terapia farmacologica.
D.ssa Anna Montano Psicologa -Psicoterapeuta

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