Al Tribunale di Nola, ieri sera, il Giudice per l’Udienza preliminare ha rinviato a giudizio la quasi totalità dei dipendenti comunali coinvolti nell’operazione antiassenteismo che portò Acerra all’attenzione della cronaca nazionale. Il provvedimento non giunge inatteso, anzi risponde alle previsioni di tutti gli addetti ai lavori.
In tutti questi mesi, tuttavia, nessuno, al Comune, si è degnato di promuovere una riflessione seria per comprendere il fenomeno, individuare le necessarie misure di contrasto e ragionare sulle responsabilità di una deriva imponente nelle dimensioni e scandalosa nelle modalità. Hanno giocato solo sulle trasparenze delle porte degli uffici.
La responsabilità penale è personale, ma solo dei deficienti potrebbero pensare che, data la vastità del fenomeno, l’operazione della polizia abbia fatto emergere la somma, del tutto occasionale, eccezionale e casuale, di ben sessantuno condotte individuali.
Argomentare diversamente o fornire interpretazioni ulteriori significa oltrepassare i limiti della decenza; in questo caso, addirittura, significa cadere in uno squallore ridicolo.
La vicenda giudiziaria ha semplicemente confermato che la gestione del personale e degli uffici, in quella particolare fase della vita amministrativa, era sottratta a qualunque forma di controllo e vigilanza. La costituzione di parte civile da parte del Comune, quindi, per ragioni elementari, era e rimane semplicemente un atto dovuto, ma che non può assolutamente cancellare le responsabilità amministrative e gestionali di quanti non sono stati capaci, avendone il preciso compito, di contrastare quelle indifendibili distorsioni che avvenivano sotto i propri occhi.
La classe dirigente comunale, politica e burocratica, ha clamorosamente fallito, dimostrandosi, seppur per ragioni diverse, inadeguata e inconsistente. La forza dei fatti consente di evitare di sottolineare gli aspetti evidenti e incontrovertibili di questo quadro drammatico che intacca ulteriormente l’immagine della città.
Del resto, è bastato un servizio televisivo, per dimostrare che, a distanza di mesi dall’operazione antiassenteismo, le falle al Comune rimanevano aperte. Nessuno dei fattori organizzativi e culturali che hanno generato il fenomeno, del resto, è stato aggredito.
L’unica cosa concreta è stata una comparsata televisiva.
La politica, in realtà, si è dimostrata incapace di emanciparsi da una visione distorta del dipendente comunale, sistematicamente confuso con l’elettore. Allo stesso tempo, l’apparato burocratico ha rinunciato a svolgere, anche con la necessaria autorità e durezza, i compiti di gestione del personale, nella consapevolezza condizionante di doversi misurare con le esigenze di consenso della parte politica. Questa dinamica perversa ha finito col produrre un circolo vizioso che è precipitato in una spirale irrefrenabile e ingloriosa.
In queste ultimissime ore, poi, un provvedimento, largamente atteso nei suoi effetti pratici, ha sospeso tutte le procedure di mobilità in corso per l’acquisizione da parte del Comune di alcune rilevanti professionalità. Questo provvedimento tiene conto di alcuni dubbi interpretativi sorti con l’approvazione della legge di stabilità, approvata,non in seduta segreta, dal Parlamento a dicembre dell’anno appena trascorso. Questa decisione di sospendere poteva e doveva essere adottata tempestivamente, quando le procedure selettive, peraltro sistematicamente rinviate, non erano state ancora materialmente espletate e non coinvolgevano direttamente sfere individuali puntuali e precise.
È l’ennesimo colpo inferto alla credibilità dell’istituzione comunale e nessuno pensi, nelle alte sfere del potere politico e burocratico comunale, che brandire lo spauracchio delle querele nei confronti di questo giornale possa incidere e condizionare quella che è e rimarrà solo una battaglia di verità e di civiltà, condotta per il bene di Acerra.