Acerra. La politica, con la rivoluzione tecnologica e digitale, si esprime sempre di più in luoghi virtuali. La piazza e le sezioni di partito sono state sostituite da realtà astratte, Facebook o gruppi Whattsapp, diversamente efficaci. La rivoluzione è in atto, ma non è dato sapere dove ci condurrà. Il tavolo, anche in un bar davanti a un dolce e un buon caffè napoletano, è un’altra storia, anche se si parla di politica. Ti può capitare, come è successo a me, di trovarti di fronte, dopo aver raccontato episodi e situazioni vissute in questi anni al Comune, a una domanda complessa e disarmante: perché ad Acerra lo Stato è così debole?
Dunque, partiamo dalla storia – molto indicativa – di un abuso.
Le elezioni amministrative del 2012 furono caratterizzate da vasti e diffusi fenomeni di voto di scambio. Il Commissariato di Polizia di Stato di Acerra – all’epoca – sviluppò una capillare e ampia attività di indagine, che evidenziò l’esistenza di molteplici pratiche di condizionamento dell’espressione democratica, registrati con sistematicità in una vergognosa campagna elettorale. I fatti che emersero e furono accertati, come può avvenire nelle dinamiche investigative, ad un certo punto si concentrarono su alcune vicende. Le indagini portarono all’incriminazione del solo consigliere comunale di maggioranza Nicola Ricchiuti. Altre posizioni furono semplicemente ritenute ai margini del codice penale. Il rinvio a giudizio dell’imprenditore aveva una evidente rilevanza politica, soprattutto in seguito alla decadenza dal ruolo istituzionale.
L’opposizione consiliare, vista la difficoltà della maggioranza e l’imbarazzo del sindaco, si attivò a norma di legge (articolo 39, II comma, dell’ordinamento degli enti locali se proprio intrigano le disposizioni normative) per ottenere la convocazione del Consiglio Comunale, al fine di discutere un ordine del giorno con il quale si richiedeva all’esecutivo municipale di deliberare la costituzione di parte civile del Comune di Acerra nel processo incardinato al Tribunale di Nola.
A questo punto cosa succede?
Il Presidente del Consiglio Comunale, sulla scorta di un parere preventivo del Segretario generale, respinge a più riprese questa richiesta di convocazione, non avendo, nel caso dell’articolo 39, II comma, alcun potere per farlo e pensare di farlo. È arcinoto, a tutti gli addetti ai lavori, che questa procedura di legge è l’unico potere attribuito a una minoranza qualificata per imporre la celebrazione del Consiglio Comunale. Di fronte alla richiesta di convocazione del consiglio comunale da parte di un quinto dei consiglieri, infatti, ai sensi dell’art. 39, comma II, del Decreto Legislativo 267/2000, il presidente del consiglio può soltanto accertare, sotto il profilo formale, che la stessa provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l’oggetto, atteso che spetta all’organo consiliare la verifica della propria competenza e, quindi, l’ammissibilità delle questioni da trattare.
Si è in presenza quindi di un clamoroso, gravissimo abuso di potere che, però, non ha trovato alcun ostacolo o reazione nell’azione di controllo e vigilanza dello Stato sulla vita degli enti locali, in particolare da parte della Prefettura di Napoli.
Questo è solo un aspetto; c’è dell’altro.
Un abuso così grave poteva essere giustificato soltanto dalla volontà di tutelare qualche interesse importante. Pur essendo rintracciabile nel dibattimento processuale le tracce o gli elementi di qualche sconveniente o imbarazzante passaggio riguardante la persona del Presidente del Consiglio per un accordo politico elettorale convenuto nel turno di ballottaggio con il sindaco, era chiaro ed evidente, anche per i più distratti, che l’interesse che aveva ingenerato l’abuso non apparteneva alla sfera personale del Presidente del Consiglio Comunale, tantomeno del Segretario Generale del Comune di Acerra.
Perché era così temuto un passaggio in Consiglio Comunale sulla costituzione di parte civile del Comune di Acerra nel processo per voto di scambio di Nicola Ricchiuti?
E chi poteva temere questo passaggio, atteso che la maggioranza poteva tranquillamente respingere l’ordine del giorno, non avendo mai avuto problemi di numeri?
Una volta approdato all’attenzione del Consiglio Comunale, votare contro la costituzione di parte civile sarebbe stato molto difficile e problematico, per la chiara e incontestabile lesione subita dalla democrazia locale. Il Comune, più del singolo elettore e cittadino, inoppugnabilmente era la parte lesa. La costituzione di parte civile, però, avrebbe finito con il compromettere irrimediabilmente i rapporti tra gli esponenti più rappresentativi della maggioranza con l’uomo Nicola Ricchiuti.
Di fronte ad un “affronto” del genere o comunque a una decisione che poteva apparire o sembrare un ingiusto accanimento come avrebbe potuto reagire l’imputato, poi condannato a dieci mesi di reclusione?
Il passaggio consiliare avrebbe potuto indurre nell’interessato un mutamento dell’atteggiamento processuale e suggerire una collaborazione con gli inquirenti?
Quali fatti potevano essere portati all’attenzione degli inquirenti e chi poteva essere chiamato a risponderne?
Quando lo Stato è forte, qualcuno – dopo l’abuso perpetrato nelle dinamiche malate del Consiglio Comunale – avrebbe dovuto avere, nell’interesse della solidità della democrazia e della forza della legge, quantomeno la curiosità di porre questi interrogativi alla persona interessata, diventata, al di là delle proprie responsabilità ed effettive colpe, il simbolo – l’unico simbolo – di una democrazia in vendita.
Non sappiamo se, al momento, questa curiosità sia stata concretamente soddisfatta da qualcuno deputato a farlo. Anche per questo, soprattutto per questo, lo Stato appare debole in questo territorio.
Io continuo, nonostante tutto, a sperare che non sia davvero così e le apparenze ingannino.
Pasquale Marangio