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Al Direttore di Tablò
L’assuefazione al terzo mandato di Lettieri sotto mentite spoglie

Egregio Direttore di Tablò
scrivo a Lei in modo da raccogliere l’invito pubblicato dalla sua testata ad avere equilibrio e toni bassi, tentando di spiegare, tramite Lei, le questioni poste dai consiglieri di opposizione.
La premessa è d’obbligo: Acerra, dopo la riforma del 1993, non ha mai avuto un Sindaco che abbia fatto 2 mandati, senza potersi ricandidare per legge.
Il legislatore ha previsto questo limite perché un Sindaco, dopo 10 anni ininterrotti di governo della macchina amministrativa, corre il rischio di trasformarsi in una sorta di feudatario.
Il Sindaco uscente, non uno sprovveduto, ha inteso eludere la norma candidando un Sindaco politicamente e amministrativamente debole, ma capace di silenziare qualche autorevole voce della città.
Ci ha timidamente tentato pure con me, ma sapete della mia scelta.
Siamo, di fatto, al terzo mandato di Lettieri sotto mentite spoglie, tant’è che non c’è un cittadino che non pensi che il vero Sindaco sia proprio lui e non altri.
E molti di quelli che oggi si strappano le vesti, o fanno finta di strapparsele, erano stati per tempo avvertiti del pericolo. Tralascio,infine, le considerazioni su quelli che o ripetevano o ripetono “non sto con Lettieri, sto con d’Errico”, per profetica pietà.
All’interno di questa cornice, bisogna leggere le azioni di resistenza istituzionale e politica che mettiamo in campo, dentro e fuori il Consiglio comunale: il nostro avversario si chiama assuefazione.
E’ diventato tutto normale, nessuno si indigna e anziché guardare la luna, si guarda il dito. L’assuefazione è il terreno ideale per “moderne” forme di fascismo, cioè di contrazione della libertà. Innanzitutto di pensiero.
E, si badi bene, quando io parlo di fascismo non mi riferisco (solo) a molti di coloro che provengono dalla lunga e tortuosa traversata storica dal Movimento Sociale Italiano.
Oggi, il nostro principale compito è quello di una militanza, non solo culturale, che parta dall’assunzione anche dolorosa che in questo momento non bisogna arrendersi a nessuna forma di analfabetismo democratico: quando prendi una lavoratrice neoassunta, incinta, che non vuole votarti e la sposti nella squadretta comunale, accanto al bagno degli operai, nonostante sia laureata e si dovrebbe occupare di altro, vuol dire che c’è un argine che si è rotto.
Quando parliamo di “fascismo istituzionalizzato”, ci riferiamo a casi come questi, che ci obbligano ad un scontro pre-politico, non politico.
Partiamo dalla vicenda della cittadinanza onoraria alla Senatrice Liliana Segre.
Com’è noto all’ordine del giorno del Consiglio comunale era posta la delibera di Giunta comunale n. 7 del 15 gennaio 2020, cioè un atto di oltre 3 anni prima.
Una delibera che conosco bene (potrei mostrare nella mia mail personale la prima versione della delibera scritta dallo staff dell’allora Sindaco e la versione da me corretta, esattamente proprio quella approvata) e che, dopo l’approvazione della Giunta, non mi è mai stata trasferita formalmente alla Presidenza del Consiglio comunale.
Si badi bene che l’organo che concede, su proposta del Sindaco, la cittadinanza onoraria è il Consiglio comunale. Con un quorum dei 4/5 dei componenti l’organo (servono 20 voti favorevoli).
Finalmente, qualche mese fa, ci viene comunicata la volontà di iscrivere la delibera all’ordine del giorno.
Il primo tentativo del Presidente del Consiglio comunale e del Sindaco è stato quello di non convocare una seduta dedicata e solenne, ma di “mimetizzarla” in un Consiglio comunale ordinario, insieme ad altri argomenti.
Tentativo subito bloccato dall’opposizione.
All’inizio di questo mese, in una conferenza dei capigruppo dedicata, presente una delegazione dell’opposizione, ci è stato comunicato che il Consiglio comunale si sarebbe celebrato, monotematico e straordinario, il 19 maggio e che all’ordine del giorno ci sarebbe stata proprio la delibera n.7/2020.
Visti i tempi stretti, abbiamo subito fatto pervenire i nostri emendamenti integrativi, che vanno votati, da regolamento, prima della delibera.
Ci siamo ritrovati, invece, senza alcuna comunicazione né formale né informale ulteriore, il Consiglio comunale convocato il 24 maggio e, plasticamente, una seduta di Commissione dove ci è stato sottoposto un foglio senza pareri e senza lettera di trasmissione che “racchiudeva” in un unico testo, su proposta del Sindaco e della Giunta comunale, il contenuto della delibera n. 7/2020 ed i nostri emendamenti.
Abbiamo dichiarato a verbale la nostra disponibilità a ricercare una soluzione condivisa, abbiamo formalizzato la richiesta che venisse posto in votazione (e non semplicemente allegato come proponeva la maggioranza) l’ordine del giorno del Partito Democratico (anch’esso del 2020) che prevedeva l’istituzione di borse di studio e l’adesione alla Rete dei Comuni della Memoria.
In quella occasione, però, abbiamo scoperto che, pur la convocazione non prevedendolo, come invece sarebbe stato auspicabile, che ci sarebbero stati degli ospiti invitati dall’Amministrazione Comunale (cioè la maggioranza).
Infatti, presente un rappresentante locale dell’ANPI, questi chiedeva se fosse garantito l’intervento dei loro rappresentanti. La risposta di qualche consigliere della maggioranza è stata più o meno questa: “tutto a posto, ce la vediamo noi”. Cioè stavano parlando di casa loro o di accordi di cui non eravamo a conoscenza.
Terminata la seduta, poco dopo il Vice Presidente del Consiglio comunale ha posto formalmente la questione: il Consiglio comunale è aperto (cioè hanno diritto gli invitati a sedersi nell’emiciclo e a parlare, come accaduto con Don Riboldi o Carlo Petrella) o non lo è (e quindi è discrezione del Presidente dare la parola al pubblico).
Cioè, sono invitati o pubblico parlante?
Questa domanda, che da molti è stata banalizzata, è la prova della assuefazione di cui parlo. Non è la passerella dell’Amministrazione Comunale, ma la Città, tramite il suo organo rappresentativo, il Consiglio comunale, aperto alle rappresentanze associative e alle principali Autorità civili e religiose, che concede la Cittadinanza Onoraria.
Uno scherzetto tipico di chi ha già dimostrato di non avere una grande cultura istituzionale, con un messaggio subdolo: sono io che decido quando si fa, chi invitare e chi non invitare, chi parla e chi non parla. Dove e quando parla.
Il segnale che abbiamo dato è chiarissimo: Acerra non è un feudo, e forma si deve coniugare con sostanza, a maggior ragione quando parliamo di antifascismo e di un fiore della Resistenza come Liliana Segre.
Un rigurgito fascista è venuto fuori quando, a fine seduta, il Sindaco ha ripetuto parole sentite altrove: cambieremo il Regolamento. Un po’ come la Meloni, che vuole “rubare” dei seggi in Parlamento alle opposizioni, cambiando, dopo le elezioni, le regole elettorali. Uguale.
Poi il 19, guarda caso quando si doveva celebrare la seduta, la Corte di Appello ha confermato la sentenza di condanna di un consigliere comunale per truffa aggravata contro il Comune di Acerra, con la Città costituita Parte Civile nel processo.
Riflessione obbligata: il consigliere che siede nell’organo che rappresenta la Comunità, ha la Comunità che ne ha chiesto la condanna in Corte di Appello, che è arrivata per ben 2 volte. Come fa l’organo a non tener conto di questo conflitto di rappresentatività e di questa delegittimazione soprattutto in un momento così solenne?
C’è una grande questione etica e politica, enorme, e una enorme domanda: se davanti ad una richiesta di rinvio a giudizio, da assessore ha rimesso il mandato nelle mani del Sindaco Lettieri che accettò le dimissioni, per coerenza come si fa a candidarlo dopo la prima sentenza e mantenerlo in Consiglio dopo la conferma della sentenza?
Tutto ciò al netto di denunce già formalizzate dai 9 consiglieri di opposizione per omissioni degli uffici e una integrazione che stiamo per formalizzare.
Per tutti questi motivi, come diceva Cicerone, a me interessa più la mia coscienza che l’opinione degli altri. Che rispetto se oneste. E di posizioni ne ho lette, un miscuglio tra ricerca di un momento di visibilità e ignoranza dei fatti.
Ma, e sono sinceramente esterefatto, mi fa riflettere di più quello che non ho letto: è stato un passaggio importante, per comprendere quanta assuefazione c’è anche nell’antifascismo all’acerrana, quanta doppiezza di posizioni si sono manifestate e relativo riposizionamento in corso.
La delibera si può approvare anche domenica mattina a Piazza Duomo.
Servono queste condizioni:
1) Dimissioni del consigliere Iorio;
2) Lettera dell’avvocato che rappresenta la Parte Civile, in cui ci dica quando è stata consegnata la sentenza di primo grado al Comune e a chi;
3) Consiglio comunale straordinario, solenne e in seduta aperta.
Non un vezzo. Ma è la Politica che fa la Politica, che si riprende la scena.
E non da oggi, ma da giusto un anno. Per come abbiamo costruito la coalizione, la visione programmatica, la modalità di raccolta del consenso, il riconoscere la sconfitta pur con tanti fatti strani che tutti hanno visto, il lavoro fatto dall’opposizione.
Vi piaccia o no, è l’opposizione che fa l’opposizione.
Radicale, non consociativa.

Andrea Piatto

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